Immaginate di essere a Denver, Colorado, in arrivo da Londra con un volo British Airways e di salire su una Chevrolet Suburban che vi attende per un’avventura fra i parchi nazionali degli Stati Uniti. Un’auto che da noi non potrebbe quasi circolare, essendo lunga 5,7 metri, ma che fotografa come meglio non si potrebbe la più genuina tradizione americana in materia di automobili. Sentirne rombare il motore attraverso gli sconfinati itinerari del West, dal Colorado al Nevada passando per Wyoming, Montana, Utah, Arizona e California, per noi è forse solo un sogno, ma per Alex Farinelli è stata realtà. È così che Alex ha percorso cinquemila chilometri di strade a volte facili, a volte impervie ma sempre spettacolari. Un’esperienza alla Jack Kerouac e alla Steve Lee, alla ricerca di quel pizzico di avventura che a tutti noi consente una meritata cesura dalla vita convulsa di ogni giorno, quel tanto che basta per schiarirci la mente. Come regalo natalizio, Alex ha voluto condividere con i lettori di Lib- le emozioni del suo viaggio.
Alex, cosa ha visto e quali emozioni ha provato sulle strade del West?
Potrei dare una risposta sintetica: orizzonti sconfinati, paesaggi mozzafiato, gusto dell’avventura, grandi contrasti, sensazione di lontananza e di libertà. Ma non è tutto qui. È il rapporto psicologico che si instaura con l’America, quella vera, lontana dalle città, che ha saputo lasciarmi a bocca aperta. Da ragazzo ho avuto la fortuna di passare 3 mesi “vicino” a Toronto (per gli standard nord americani visto che ero a 300 km dalla città), in virtù di uno scambio di studenti. È stata la mia prima esperienza nel Nuovo Mondo e da allora Canada e Stati Uniti sono vicini al mio cuore. Anche per questo mi sono voluto concedere un ritorno al passato, attraversando con due amici di lunga data le distese, le montagne ed i luoghi più evocativi che si snodano ad Ovest del fiume Missouri, fra le Montagne Rocciose e la Sierra Nevada, ad iniziare dai soffioni vulcanici di Yellowstone nello Wyoming per terminare con le luci e gli spettacoli musicali di Las Vegas. Un viaggio programmato a tavolino che ha comunque lasciato spazio a non poche sorprese che ne hanno saputo impreziosire il gusto, iniziando dal mezzo di trasporto. Avevamo prenotato una Toyota e ci siamo visti consegnare la Chevrolet Suburban. Come dire di no? Quel tipo di auto era il sogno dei fratelli Anghileri, miei compagni di avventura. Rispetto al passato, ci ero stato una decina di anni fa, le strade del West sono in parte cambiate, in particolare per i moltissimi mulini eolici e gli sterminati parchi solari che spuntano in ogni dove (quasi come i “Goblin”, formazioni rocciose la cui figura ricorda i folletti) e che si stagliano nell’omonimo parco dello Utah. Ben poche sono le persone che si incontrano al di fuori delle città, che peraltro abbiamo evitato con le sole eccezioni di Cody, di Salt Lake City e infine di Las Vegas. Nel West gli americani vivono in modo isolato, in piccoli agglomerati che possono distare un’ora di guida l’uno dall’altro, tanto è vero che non è raro vedere cartelli tipo “popolazione 130 abitanti” o “prossima stazione di servizio 100 miglia”. Incontrare i locali non è così facile, se non nei ristoranti o alle pompe di benzina, dove sono facilmente riconoscibili per gli Stetson (gli iconici copricapi del West) che amano portare. Con loro è più facile parlare di sport che non di politica, che però nell’ambito del privato sembra importante, almeno a giudicare dalle abitazioni tappezzate di cartelli e di bandiere durante il periodo elettorale, con netta prevalenza del rosso sul blu. Per non parlare degli “sticker” sulle automobili, nessuna sorpresa che qui Donald Trump abbia mietuto consensi. Per strada la polizia praticamente non si vede, quasi quasi ti sembra un peccato quando la lancetta della benzina cala o la sensazione di avere sbagliato strada nel deserto aumenta. Se ti fermi, sai che il soccorso non sarà veloce. Devo anche dire che abbiamo visto un’America pulita. Nei grandi parchi, la politica del “Leave no trace”, volta a non lasciare impronte del proprio passaggio, sembra funzionare. Viene il momento di proporre una prima fotografia, simbolo del nostro viaggio. Rappresenta una strada, che corre verso l’infinito. Sulla destra, le formazioni rocciose della Valle dei Monumenti scolpite dal vento. Sulla sinistra, il nulla del deserto. Badate, non tutte le strade sono così facili per il guidatore. Ne rammento una sterrata, a Capitol Reef National Park, nello Utah, noto per il colore rosso intenso delle rocce. La percorrevamo già da trenta chilometri e non capivamo dove sarebbe andata a finire. Per tornare indietro, però, era troppo tardi e non ci restava che tirare dritto fino alla fine, nella speranza di non forare. Meglio non perdersi in quelle zone, che ancora sono il regno del puma. Non ne abbiamo visti, ma averlo evocato ci introduce ad un’ultima gioia del viaggio, il connubio con gli animali, grandi e piccoli, pericolosi e mansueti. Ma di questo parleremo in seguito. Non dimenticate poi che chi viaggia dovrà trovarsi pronto ad affrontare ogni situazione metereologica, compresi i grandi temporali con i fulmini che si scaricano a terra. Ne è esempio la seconda fotografia che vi propongo, scattata verso la fine del viaggio, sul Gran Canyon. Wow, dirà il lettore! Vi posso però assicurare che guidare nella direzione del fuoco e del tuono non è rassicurante.
Di parchi ne avete visitati tanti, vero?
Il primo in ordine cronologico è stato Yellowstone, al confine fra Wyoming, Idaho e Montana. Ci si arriva atterrando a Jackson, proprio dove ogni anno la Federal Reserve organizza il famoso simposio, oppure in automobile, puntando verso Nord-Ovest per chi come noi proviene dal Colorado attraversando lo stepposo altopiano in direzione delle montagne. Improvvisamente, sulla sinistra si ergeranno le candide vette del Gran Teton, impressionanti per la prominenza oltre che per l’altezza. Neanche il tempo di riprenderci da questa vista mozzafiato ed eccoci all’ingresso del parco. Yellowstone è il più famoso, il più emozionante ed anche il meglio organizzato fra i grandi parchi nazionali. Ricorderete il famoso cartone animato di cui sono protagonisti l’orso Yoghi, il suo amico Bubu e il ranger Smith. Saranno i ranger a guidarvi nelle vostre escursioni, fornendovi ogni genere di informazione oltre che assistenza, in caso di bisogno. All’ingresso una bacheca invita i giovani a prestare servizio in questo ruolo: vita sana, vacanza pagata e, perché no, un lavoro utile per proteggere la natura. Due sono le caratteristiche di Yellowstone: unicità e varietà di quanto sa offrire. Non solo paesaggi, ma anche un profilo geotermico unico ed una fauna esuberante. Fra le trecento e cinquanta cascate che il parco ospita, una, la “Lower waterfall” è così famosa che il lettore sicuramente ne avrà visto numerose fotografie. Dopo un salto di 94 metri, il doppio del Niagara, le sue acque di colore turchese piombano con fragore in una pozza nebbiosa incassata fra le mura del canyon, fra bagliori rosso, arancione e giallo causati dall’attività geotermica della zona. Proprio la geotermia è l’attrazione maggiore e più unica del parco, la cui area è situata sopra un sistema vulcanico che si estende per circa 80 km di diametro. Ne risulta una successione di geyser, fontane termali, pozze di fanghi bollenti e fumarole che attirano dal mondo intero esperti come profani. La terza fotografia ritrae la “Grand Prysmatic Spring”, la più grande sorgente calda negli Stati Uniti. Venne così denominata per via della sua sorprendente colorazione. I colori brillanti sono dovuti alla presenza di organismi termofili e sono simili a quelli di un arcobaleno generato dalla dispersione della luce che attraversa un prisma: rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto. Ecco perché si chiama Prysmatic. Non possiamo lasciare Yellowstone senza aver raccontato dell’incontro con mamma orsa. Era là, nel verde del piano, fra il fiume e il bosco, giocava con il suo piccolo “Cub”, così lo slang denota il cucciolo. Improvvisamente, un rumore di un elicottero suona l’allerta e fa scattare nell’orsa l’atteggiamento materno di difesa e la ritirata, per proteggere il piccolo. Meglio restare lontani, ma quale dimostrazione di amore! Fra i molti altri animali selvaggi che abbiamo incontrato grande impressione ci hanno fatto i bisonti, che stanno ripopolando zone protette delle praterie. Lasciato Yellowstone ci tuffiamo verso Sud attraverso lo Utah, fermandoci nei suoi parchi dalle formazioni rocciose. Zion, Gobelin, Arches, Capitol Reef, Bryce Canyon si susseguono in una spirale di luce e colori. Ed eccoci giungere in Arizona per fotografare la famosa curva a ferro di cavallo del fiume Colorado ed il vicino Canyon e per poi percorrere la Monument Valley, quella dei film con John Wayne. Varcato il confine con la California, non poteva mancare una puntata nella Valle della Morte, ottantasei metri sotto al livello del mare e cinquantuno gradi celsius di temperatura. Ad aprire il finestrino sembrava di entrare in un forno, e pensare che un tempo c’era chi la attraversava a cavallo! Ultima tappa Las Vegas, con le sue luci e i suoi spettacoli, fra cui abbiamo seguito un elettrizzante omaggio a Michael Jackson.
Può concludere con un episodio divertente e, vista la stagione, con un augurio ai lettori?
Di episodi divertenti il viaggio è stato ricco, dalla Chevrolet alla strada sterrata di cui ho già detto. Un momento simpatico che mi torna alla mente ha avuto luogo nei pressi di Cody, città dello Wyoming ai piedi delle Montagne Rocciose. Avendo dato i natali a Buffalo Bill, è divenuta un centro di attrazione per tutto quello che ha a che fare con il mito del West, inclusi i rodei che qui si tengono di frequente. Nei suoi pressi abbiamo visitato un villaggio del West composto da case originali che sono state smontate e ricostruite lì, la cui via principale va percorsa su delle passerelle, visto il pericolo di calpestare un serpente a sonagli. A un certo punto, uno dei miei compagni di viaggio esclama “e quello?” con la coda dell’occhio vedo qualcosa muoversi dietro di me e subito faccio un balzo in avanti pensando forse un serpente con il livello di adrenalina decisamente alto. E invece era una lepre. E giù tutti a ridere (per dirla tutta con un paio di invettive iniziali dovute allo spavento) a testimonianza di una vacanza in allegria che voglio ricordare con l’ultima fotografia, quella che mi ritrae con i miei compagni di avventura davanti ad uno dei molti canyon che abbiamo esplorato.
È con questo spirito di allegria, di amicizia e di ottimismo che mi rivolgo ai lettori di Lib- e a tutti gli amici ticinesi con un augurio per un Felice Natale e per un anno nuovo di serenità e di successo.