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Il lutto vero è cominciato con l’autunno

Scritto da Matilde Casasopra Bonaglia | 17.10.2024

Il 29 giugno l’Alta Valle Maggia fu sfigurata da acqua e pietre. Ora piano piano, i riflettori si stanno spegnendo – La vita quotidiana, tra realtà e progetti, nel racconto di Martino Giovanettina

La notte tra il 20 e il 21 giugno fu la Mesolcina a cambiare volto. Solo otto giorni dopo – nella notte tra il 29 e il 30 giugno – ad essere sventrata e sfigurata fu l’Alta Valle Maggia. Come in Mesolcina, anche qui, acqua e pietre si portarono via non solo case e cose, ma anche le vite di sette persone. Lib-, per raccontare quel disastro, si rivolse a Martino Giovanettina, giornalista, scrittore, ma soprattutto anima e motore di quello che per molti – in Ticino, Svizzera ed Europa – è diventato un luogo d’incontro: l’osteria alpina della Froda. Giovanettina, allora, ci regalò quattro quadri con i quali i contorni di quanto accaduto si definivano nella loro tragicità (cfr. Lib- 22). Riproponiamo qui l’incipit del primo quadro: “Non avendo trascorso a Foroglio la notte maledetta del 29, la mattina del 30 giugno 2024 ero a Cavergno. Al risveglio niente più luce, acqua, internet. Brutti segnali. È bastato oltrepassare la porta di casa per intuire, senza ancora sapere quasi nulla, che non era come le altre volte (che pure erano state, ad esempio nell’Ottantasette, toste). L’aria era impregnata dell’odore di fiume marcio che trasporta terra. La poca gente per strada aveva lo sguardo smarrito, in cielo un traffico mai visto di elicotteri. Bisognava saperne di più. Il primo ‘punto sociale’ è il ponte sulla cantonale a Bignasco. Lì, per trasmissione orale, cominciano a circolare le prime notizie. Alcuni morti a Fontana, il disastro in Val Bavona, qualcosa di brutto anche in Lavizzara. Tappa successiva, il ponte di Visletto, a Cevio. Vederlo mezzo crollato non significava solo che la notte era stata terribile e che da quel momento l’Alta Valmaggia era isolata fisicamente. Significava soprattutto che per la nostra metà nord della Valle, già in forte difficoltà (demografia, debolezza economica, servizi, inselvatichimento del territorio) cominciava un ulteriore cimento, arduo da risolvere nei fatti, subdolo per la sua capacità di scavare nella psiche personale e collettiva”.

Allora era estate. Adesso, con settembre – il mese del ripensamento, per dirla con Guccini – è arrivato l’autunno. Che quadri vede oggi Martino Giovanettina nell’Alta Valle Maggia e, più precisamente, in Val Bavona?

“Guardi, è un po’ come vedere quel che accade dopo i funerali, quando comincia il lutto vero. Subito dopo l’evento rovinoso scatta una solidarietà impressionante, sostenuta anche da molta generosità. Poi a mano a mano l’attenzione della gente si va spostando su altre situazioni, come è normale che sia. E allora chi rimane comincia a guardare le cose per come stanno veramente. Personalmente, ma in realtà siamo in molti, mi interrogo ad esempio sull’annunciata riapertura a tutti della strada la prossima primavera. Sarà - salvo annunciati pericoli eccezionali in arrivo - davvero così o dovremo vivere come l’unica valle dell’arco alpino sottoposta a “condizioni speciali”, dettate da un rigido sistema iper precauzionale? In Val Bavona ci sono centinaia di abitazioni secondarie, quattro esercizi pubblici, un albergo, due capanne, la teleferica che porta nel comprensorio di Robiei e d’estate vi transitano varie decine di migliaia di persone. Come s’è visto quest’estate, con la Bavona chiusa cala il turismo in tutta la Valmaggia. Per questo non si potrà trattare la Val Bavona come una malata cronica.
C’è poi un altro aspetto su cui riflettere: lo stravolgimento drammatico e luttuoso del paesaggio avvenuto a fine giugno è, nella sua inequivocabilità, anche un’opportunità straordinaria. Sapranno coglierla le istituzioni a vario titolo coinvolte o si mirerà piuttosto a ‘mettere a posto bene’, senza nessuna immaginazione su come valorizzare il nuovo paesaggio?”.

Cosa ha significato per lei, ideatore e promotore della Froda, un’estate senza la comunità che attorno a quest'osteria alpina, si è creata negli anni? C'è, a suo avviso, spazio per progetti futuri?

“La Val Bavona vuota è una desolazione. Quella da poco finita è stata un’estate triste, mai vissuta. Ma è stata anche un’estate portatrice di una vicinanza al ‘mondo della Froda’ che non avrei immaginato. Oltre alla raccolta fondi che ci ha permesso di attutire il disastro economico, abbiamo ricevuto moltissime testimonianze di persone a cui Foroglio, l’osteria alpina, le attività d’animazione, le appena inaugurate esposizioni artistiche all’Arena Settembrini e in paese, mancavano, eccome. Foroglio non è solo uno dei luoghi più suggestivi dell’arco alpino, ma è anche un paese dell’anima, dove la forte identità paesaggistica si accosta ai valori universali dell’uomo, qui portati da visitatori di ogni parte del mondo. Con le proposte culturali di Agenzia Kay cerchiamo proprio di rafforzare questa contaminazione che è una faccia diversa rispetto alla museificazione della Val Bavona, che è un processo in atto. Dunque sì, c’è spazio per progetti culturali futuri, ci sono le idee, la volontà. La necessità, direi, di continuare a considerare Foroglio un’isola alpina dove le vite si incontrano e che fa di questo luogo una vera koinè”.