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Barbara Robbiani Sacchi: “Amo i libri e il mio lavoro perché la biblioteca è un cuore che deve continuare a battere”

Scritto da Matilde Casasopra Bonaglia | 24.4.2024

Fine Ottocento. La seconda rivoluzione industriale è partita da poco (1870), ma il lavoro di semina e raccolto nei campi è quello di sempre e, soprattutto nelle risaie, sono le donne ad essere impiegate da mattino a sera per pochi spiccioli. Sono proprio le donne a dare il “la” ad una rivoluzione che unirà lavoratrici e lavoratori in una lega che condivide aspettative e rivendica giustizia. “Sebben che siamo donne” diventa una canzone che si trasforma in inno.

 

“Sebben che siamo donne” è il titolo di questa rubrica che, mese dopo mese, vuol farvi conoscere donne speciali. La prima ospite, a settembre 2022, è stata Carla Del Ponte; poi, nei tre mesi successivi si sono raccontate a Lib- Laura Silvia Battaglia, Federica De Rossa e Valeria Doratiotto Prinsi. Da gennaio 2023, si sono succedute: Roberta Cattaneo, Sandra Manca, Monica Duca Widmer, Franca Verda Hunziker, Rosanna Michelotti, Gabriella “Gaby” Malacrida, Morena Ferrari-Gamba, Elvira Dones, Anna Giacometti, Elisabetta Morandi e, a dicembre 2023, Giovanna Masoni. Prima ospite di “Sebben che siamo donne” del 2024: Cristina Maderni, alla quale è seguita la rettrice dell’USI, Luisa Lambertini. Oggi, con noi, c’è…

 

Barbara Robbiani Sacchi: “Amo i libri e il mio lavoro perché la biblioteca è un cuore che deve continuare a battere”

C’è sempre un po’ di soggezione ad accompagnare quelli che, avendo superato gli “anta”, si trovano a varcare la soglia di una biblioteca. I ricordi nei quali alla luce dell’esterno corrispondeva la penombra dell’interno si mescolano magicamente con quelli di voci sommesse assorbite da pareti dove, enciclopedie e schedari cartacei, occhieggiavano in attesa di consultazione. A quei tempi ogni biblioteca aveva il suo direttore (quasi un Jorge da Burgos) e la ricerca del libro agognato passava dalle mani del custode (uno dei tanti Malachia) cosicché il visitatore poteva solo scegliere se sentirsi un novello Guglielmo da Baskerville o, più semplicemente, un Adso da Melk. Oggi le biblioteche sono in rete – grazie all’informatica e al processo di digitalizzazione– e Stefano Vassere è direttore di tutte le quattro Biblioteche cantonali e del Sistema bibliotecario ticinese. Oggi però entriamo nell’edificio realizzato dagli architetti Carlo e Rino Tami - inaugurato nel 1942 - per incontrare non Vassere, ma Barbara Robbiani Sacchi che della Biblioteca cantonale di pubblica lettura di Lugano è, dal 2019, la responsabile di sede.

Scusi, ma lei non lavorava al Centro di dialettologia ed etnografia di Bellinzona?

“Sì, ho lavorato lì per 17 anni e sono stati anni intensi che mi hanno permesso di conoscere il Ticino, anche grazie alle indagini etno-linguistiche svolte con Mario Vicari. Insieme abbiamo incontrato, dalla Valle Bedretto alla Valle di Muggio, persone che, conversando con noi, ci hanno consegnato i segreti e le particolarità dei loro dialetti e delle loro vite. È stato un vero e proprio viaggio nel cuore del territorio. Per due/tre volte al mese e per diversi anni abbiamo incontrato tre/quattro persone. Mario, che è non vedente, è dotato di una particolare sensibilità nel percepire le caratteristiche fonetiche di una parlata rispetto all’altra, fatto questo che gli ha permesso di realizzare i volumi della collana “Documenti orali della Svizzera italiana”, un’antologia ricca di vita e di storia”.

Mi faccia capire… sebbene soddisfatta del suo lavoro ha deciso di cambiare. Perché?

“Perché, già ai tempi del liceo, libri e biblioteche erano la mia passione. Mi ricordo ancora il fascino che esercitava su di me questo luogo quando da liceale vi entravo e, in assoluto silenzio, attendevo che il signor Ortelli mi consegnasse il libro richiesto. Era un rito che poi si è ripetuto all’università, a Friburgo, dove mi ero iscritta a diritto, facoltà che ho abbandonato dopo un mese perché, avendo seguito per curiosità il corso di “Lecturae Dantis” tenuto dal Prof. Edoardo Fumagalli, avevo capito che la mia strada era altrove. Mi sono così iscritta a lettere e mi sono laureata in filologia romanza con la fortuna di avere avuto professori splendidi, tra i quali cito Aldo Menichetti e Marie-Claire Gérard-Zai. Poi, già in università, ho cominciato a lavorare in biblioteca (sorveglianza, servizio al pubblico e responsabilità del settore della filologia). Sono quelli gli anni in cui cominciano a farsi largo i cataloghi informatizzati e, grazie ai seminari del Prof. Fumagalli, ho avuto la fortuna di apprendere la catalogazione del libro antico con l’analisi dei fondi conventuali friburghesi. È tutto un mondo in movimento che mi appassiona sempre più, ma poi, per gravi motivi famigliari, devo lasciare Friburgo e tornare in Ticino. Allora in Ticino non c’era una scuola superiore di biblioteconomia, ma, soprattutto, in biblioteca, qui a Lugano, non c’era necessità di nuovo personale. Diversa la situazione al Centro di dialettologia dove cercavano una persona. Ho svolto uno stage di sei mesi e poi, come detto, ci sono restata per 17 anni, ma… il primo amore non si scorda mai”.

E quindi?

“Visto che nel 2013 la SUPSI comincia ad offrire la possibilità di conseguire un MAS (Master of Advanced Studies) in biblioteconomia (Library and Information Science), decido di iscrivermi. Ho 43 anni, un marito, una casa, una figlia piccola, un lavoro, ma… per due anni decido che posso aggiungere, a tutto ciò, anche lo studio. Non è stata una passeggiata e devo dire che mio marito e i miei famigliari mi hanno dato un aiuto importante. Ho conseguito il MAS nel 2015, ho rassegnato le dimissioni e dal luglio di quello stesso anno lavoro alla Cantonale di Lugano, coronando così il mio sogno. Entro come responsabile della Libreria Patria - che dal 1861 raccoglie le pubblicazioni inerenti al Canton Ticino - e coordinatrice del Fondo antico”.

Poi però, dal 2019, diventa responsabile di sede. Lei comunque non è la prima donna a ricoprire questo ruolo…

“È vero e la donna che per prima fu direttrice della Biblioteca è colei che ispira la mia azione: Adriana Ramelli che diresse la Cantonale dal 1941 al 1973, quando in Ticino c’erano ancora una sola biblioteca cantonale e un solo liceo. Fu la prima donna in Ticino ad assumere un incarico direttivo importante, in un periodo storico critico per l’Europa (guerra), mentre le donne non avevano ancora il diritto di voto (il suffragio femminile arriverà solo 30 anni dopo). Fu lei a modernizzare le strutture della biblioteca, a valorizzare e accrescere sia il fondo librario sia l’offerta culturale. Senza dimenticare che, grazie ad Adriana Ramelli, negli anni della seconda guerra mondiale gli intellettuali italiani rifugiatisi a Lugano trovarono, nella Biblioteca cantonale, un luogo d’incontro e confronto dialettico. Spesso rileggo il discorso che la dott. Ramelli propose nel 1942 in occasione dell’inaugurazione. A ispirarmi è soprattutto questo passaggio: ‘(…) la nostra nuova Biblioteca non sia soltanto un museo del passato e una palestra per i viventi, ma anche una seconda patria per i cercatori della verità’. Penso che, oggi come ieri, ogni frequentatore della biblioteca sia un cercatore della verità”.

I cercatori della verità di oggi che biblioteca trovano?

“Un luogo concepito, costruito e gestito sulla base del principio della multidisciplinarietà, principio che ha conosciuto un’accelerazione e un affinamento nel periodo del Covid quando tutti noi, a turno, siamo stati presenti in biblioteca per garantire agli studenti e ai grandi lettori la possibilità di poter svolgere quell’attività – leggere – che, come dice Fernando Pessoa, consente di sognare per mano di altri. Pensi che per rispettare le norme sul distanziamento sociale avevamo messo una cassettina fuori dalla biblioteca dove poter ritirare il libro richiesto e riconsegnare quello già letto. Ha funzionato a meraviglia”.

Senta, girando tra i libri di questa che è, oggi, una biblioteca aperta, ho notato che c’è uno spazio dedicato ai bambini…

“È uno spazio che sta riscuotendo un successo sempre maggiore anche grazie a Maddalena Moccetti, la persona che ho scelto per le sue competenze specifiche (ha conseguito un Master in Children’s Literature alla University of Roehampton di Londra), che ha saputo organizzare e gestire lo spazio della biblioteca dei più giovani in modo davvero accattivante. Una delle innovazioni introdotte, oltre alla possibilità di scegliere personalmente il libro dallo scaffale, è stata la tessera gratuita per bambini e ragazzi dalla nascita fino alla fine degli studi. Poi devo dirle che sono molte le scolaresche che vengono a trovarci. Sto imparando molto da questi incontri, sia come bibliotecaria, sia come persona. Allieve e allievi, ad esempio, non hanno mai visto uno schedario cartaceo e restano affascinati davanti a questi cassettini pieni di cartoncini scritti alcuni a macchina, altri a mano. È un momento magico al quale fa seguito la ricerca del libro che corrisponde alla descrizione impressa sulla scheda e da lì scatta la scoperta del libro come oggetto: la copertina di pelle, le lettere maiuscole a volte decorate con disegni, la carta che a dipendenza dello spessore ha un profumo particolare. Lei non può avere idea dell’emozione che provo quando poi il sabato vedo arrivare alcuni di questi giovani lettori accompagnati dai genitori ai quali fanno da guida in biblioteca”.

A sentire parlare lei, Barbara Robbiani Sacchi, verrebbe da dire che tutto funziona a meraviglia, ma se guardiamo gli ultimi dati USTAT 2022 concernenti la lettura si scopre che un ticinese su quattro non legge. Lei che ne dice?

“Dico che questi dati, inutile negarlo, fanno male. Aggiungo, per completezza d’informazione, che tra i lettori il 20% non va oltre 1-2 libri all’anno; che i “lettori forti” (che sono il 14,9%) leggono un libro al mese (nel 2012 erano il 26,1%) e che i ticinesi si situano, come lettori, sotto la media nazionale. È però da qui che dobbiamo partire per studiare e proporre soluzioni multidisciplinari. Le biblioteche ci sono e sono pronte a rispondere ai bisogni della società contemporanea usando anche le tecnologie che questa nostra epoca ci ha messo a disposizione. Sono profondamente convinta che, oggi come mai prima d’ora, le biblioteche sono chiamate a svolgere il loro ruolo di luogo sociale che consiste principalmente, nel favorire l’apprendimento continuo, l’inclusione sociale e nel contrastare le varie tipologie di analfabetismi (funzionale, di ritorno, emotivo). Maryanne Wolf, una delle più note neuroscienziate cognitiviste ed esperta nel campo della dislessia sostiene che «la lettura può essere appresa solo grazie all'innata plasticità del nostro cervello, ma appena una persona impara a leggere, il suo cervello cambia per sempre, sia fisiologicamente sia intellettualmente». Penso che lo sviluppo umano, culturale e cognitivo, passi attraverso la lettura. I libri (fisici o digitali) sono il cuore delle biblioteche e anche per questo le mie collaboratrici, i miei collaboratori ed io faremo di tutto perché questo cuore continui a battere”.